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27 SETTEMBRE 2016
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Continua dallo scorso mese
Quanto a fornire consigli, abbiamo imparato (Torat Cohanim): “Non
porre ostacoli davanti a un cieco - cioè davanti a chi è [come un] cieco
rispetto a una determinata cosa. Se ti chiede se la Ƥglia di un tale può
[sposare] un Cohen, non rispondere che le è permesso, quando inve-
ce le è vietato. Se ti chiede un consiglio, non dargliene uno che non
gli conviene; e non consigliargli di vendere il suo campo e comprarsi
un asino, per poi aggirarlo e prenderne possesso al posto suo. Forse
pretenderai che gli stai dando un buon consiglio, ma la verità è ripo-
sta nel cuore, come è detto (Vaykrà 19, 14) ‘E avrai timore del Tuo S.”
Abbiamo dunque imparato che sia quando potrebbe esserci un inte-
resse personale nell’argomento, sia quando si è del tutto estranei alle
questione - si è obbligati a informare colui che viene a chiedere un
consiglio esponendogli la verità chiara e limpida. Vedi dunque che
la Torà ha capito bene l’animo degli imbroglioni: infatti, non stiamo
parlando degli stolti che danno un consiglio la cui malvagità è nota
e evidente, bensì di malfattori astuti, i cui consigli prodigati agli al-
44 tri sono in apparenza veramente favorevoli a colui che li riceve, ma
4 Ǹ ɑ ɜ Ȑ ȇ ̄ hanno conseguenze che non sono a suo favore, anzi sono per lui un
danno, dal quale il [cattivo] consigliere trarrà un vantaggio. Perciò
dissero [i Maestri] (vedi supra) “Forse pretenderai: ‘Gli sto dando un
buon consiglio, ma la verità è riposta nel cuore, ecc.”. E quante volte la
gente cade in questi peccati giorno dopo giorno, sospinti con vigore
dall’attrazione per il guadagno. E la gravità della punizione per questi
[peccati] è già stata spiegata (Deut. 27, 18): “Maledetto colui che in-
ganna il cieco nel cammino”.
Invece, questo è il dovere dell’uomo retto: quando qualcuno viene a
chiedergli un consiglio, deve indicargli quello che avrebbe scelto per
sé stesso, prendendo in considerazione solamente il bene della perso-
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lontana che sia. E quando gli capita di intravedere in quel consiglio un
danno per sé stesso, se può fornirne la prova a chi gli chiede consiglio,
che lo faccia; e se ciò non fosse possibile, che si tiri fuori da questa
discussione e che non gli dia nessun consiglio, o perlomeno nessun
consiglio la cui conseguenza non sia favorevole al suo interlocutore.
Questo vale quando chi chiede consiglio non ha cattive intenzioni,
perché invece in questo caso è certamente una Mitzvà ingannarlo e la
Torà dice (Salmi 18, 27): “Ti mostri contorto con chi è perverso.”
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