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22 SETTEMBRE 2016
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ĆėĆĘčĆęĎĆěŗ- Felicità
All’inizio della Parashà è scritto che, dopo che il popolo ebraico
entra nella Terra d’Israele, la conquista e la divide, riceverà il
comando di compiere la Mizvà dei Bikurim. Ovvero, porteranno
i primi frutti del loro raccolto, delle sette specie di cui la Terra di
Israele è benedetta, al Kohen nel Bet Hamikdash. Avvicinandosi
al Bet Hamikdash, bisogna dichiarare la salvezza e tutta la bontà
che D. ci ha concesso dall’inizio della nostra nazione. Questa
dichiarazione, quando si portano i primi frutti, è detta solo in
un momento gioioso dell’anno, tra Shavuot e Sukkot, quando
si raccoglie il prodotto, frutta e vino (Ki Tavò 26:11). In questa
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che D. gli ha garantito, ma anche di tutta la bontà in generale che
la “Fonte di ogni bene” ci dà. Questo è il primo tipo di felicità che
bisognerebbe provare, contenti che tutti i propri bisogni siano
soddisfatti e felici del proprio livello economico e status sociale.
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internalizziamo ciò, non mancheremo di nulla. E se sentiamo la
Ȩ Ʉ ɨ Ȑ ȇ ̄ mancanza di qualcosa, allora, in realtà, non ne abbiamo bisogno
o, almeno, non adesso. Il secondo tipo di felicità menzionato nella
Parashà è quello che prova una persona quando compie le Mizvot
di H’. Infatti, la Torà ơ
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nemici verranno come risultato del non aver compiuto le Mizvot
con gioia (Ki Tavò 28:47). L’Arizal spiega perché qualcuno sarebbe
privo di Simchà nel suo servizio di H’. Se si venisse a conoscenza del
fatto che c’è una busta contenente un milione di dollari in contanti
di fronte alla nostra porta di casa, certamente correremmo fuori,
eccitati di poter godere della nostra buona fortuna. Tuttavia,
anche se abbiamo la garanzia di diverse ricompense se compiamo
la Volontà di D., non corriamo entusiasti a compierla. Perché?
Quando compiamo una Mizvà, normalmente non vediamo la sua
ricompensa di fronte ai nostri occhi. Il nostro entusiasmo dipende
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averLo ascoltato. Continua accanto