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MOMENTI DI HALAKHÀ
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Shabbàt che precede Pésach è chiamato Shabbàt Hagadòl~il grande
Shabbàt. Il nome richiama alla memoria il grande miracolo che av-
venne in quello Shabbàt pre cedente l’uscita dall’Egitto: gli ebrei pre-
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questo animale fosse una divinità per gli egiziani, questi non poterono
impedire né furono in grado di vendicare l’atto.
Uno degli altri motivi di questo nome deriva dal verso conclusivo
del’haftarà che è tratta dall’ultimo dei profeti (Mal. 3,23): «Ecco, Io
manderò presso di voi il profeta Elia, prima dell’arrivo del giorno del
Signore, [che sarà] grande e terribile».
Durante lo Shabbàt Hagadòl il rabbino al tempio tiene un discorso
pubblico concer nente le norme di Pésach e altri argomenti correlati
alla festività.
La Torà ci ha prescritto di non mangiare chamètz, di non trarre bene-
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no origine dal versetto (Es. 13, 7): «Presso di te non si dovrà vedere
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Quando la farina prodotta da uno dei cinque tipi di cereali (grano,
orzo, segale, ave na, farro) arriva in contatto con l’acqua, diventa
chamètz se non è cotta entro il termine di diciotto minuti. Talora,
quando si mette l’impasto in un luogo caldo, il prodotto può diventare
chamètz in un tempo ancora inferiore.
Tutti i prodotti alimentari che contengono farina sono da considerare
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li attesti kashèr per Pésach poiché si considera che, anche senza lievi-
to, siano diventati chamètz nel corso della lavorazione.
La proibizione di mangiare chamtiz durante Pésach serve a imprimere
nelle nostre menti il ricordo del grande miracolo dell uscita dall’Egit-
to. Quando giunse il tempo della liberazione dalla schiavitù, il 15 di
Nissàn, gli ebrei dovettero lasciare l’Egitto in gran fretta e l’impasto
che avevano preparato per il viaggio non ebbe il tempo di lievi tare,
perciò lo cossero facendone delle matzòt.
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