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12 dicembre 2015
Momenti di Musàr
Parashat Mikketz
La Parashà di questa settimana ci parla della vita di Yosef in Egitto
e si legge nello Shabbat che è anche il quarto giorno di Chanukkà,
durante la quale ricordiamo il miracolo del ritrovamento, nel Beth
HaMikdash, di una piccola ampolla d’olio che non era stata toccata
dai greci, e che sarebbe dovuta bastare per illuminare la Menorà per
appena un giorno; miracolosamente, però, quell’ampolla durò per
tutti gli otto giorni necessari alla produzione di altro olio.
I nostri Maestri ci narrano che i greci contaminarono l’olio del
Tempio, ma non lo distrussero: il loro scopo, infatti, non era im-
pedire che si riaccendesse la Menorà, ma far sì che la stessa venisse
riaccesa con dell’olio che avesse il “tocco” greco, come a dire: “man-
tenete pure le vostre tradizioni ebraiche, basta che ci permettete di
influenzarle con la nostra cultura”.
Anche oggi a noi che viviamo nella diaspora ci capita spesso di cor-
rere il rischio di essere contaminati da idee, usanze e modi di vivere
62 estranei a quelli che sono i principi della nostra Santa Torah.
E proprio su questo punto la vita di Yosef ci viene ad insegnare
quello che deve essere il corretto comportamento da tenere in mez-
zo ai non ebrei: egli è infatti chiamato dai Maestri “Yosef haTzad-
dik” (il giusto) proprio perché, nonostante si sia trovato contro la
sua volontà a vivere da solo in un paese a lui estraneo, non ha mai
Sabato nascosto a nessuno il suo essere ebreo ed ha mantenuto sempre la
sua fiducia in HaKadosh Baruch Hu continuando ad osservare le
Mitzvot pubblicamente.
Quando il capo coppiere del Faraone si ricorda di come Yosef aveva
interpretato bene i suoi sogni, egli dice al Faraone: “e li con noi c’era
un ragazzo ebreo, schiavo del capo dei giustizieri…” (Bereshit 41,
12); questo significa che agli occhi della gente Yosef appariva come
un ragazzo ebreo, e sotto questo aspetto è stato superiore persino a
Moshè Rabbenu.
Difatti quando Moshè, dopo esser scappato dall’Egitto, salva le fi-
glie di Ithrò dai pastori, esse lo scambiano per un egiziano, come è
scritto “…un uomo egiziano mi ha salvato dalle mani dei pastori…”
(Shemot 2,18). Questo perché Moshè, a differenza di Yosef, vestiva
alla maniera degli egiziani, e chi lo vedeva poteva benissimo scam-
biarlo per uno di loro. Continua a pag. 65