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8 giugno 2015
Momenti di Musàr
L’importanza delle berachot
Uno dei fondamenti delle buone maniere su cui è basata la
società, è la riconoscenza al prossimo dei benefici ricevuti.
La riconoscenza di cui parla la Torà non è solamente un
ringraziamento esteriore, bensì un lavoro interiore. La
gratitudine è il riconoscere che parte della propria esistenza
proviene da una forza esterna, ed è molto difficile arrivare alla
piena coscienza di ciò. L’uomo infatti, di sua natura, vuole
sentire che la sua sussistenza non è legata al prossimo: desidera
pensare che vive per merito suo e della sua forza. Così tende a
nascondere a se stesso la vera fonte della sua vita ed esistenza.
In pratica la non riconoscenza, nasconde la vera origine di tutti
i benefici che riceve ed inganna la coscienza dell’uomo nel farlo
arrivare a comprendere qual è la sua vera fonte di esistenza.
Eliezer servo di Avraam, appena ascoltata la buona notizia
44 di Labano e suo padre Betuel che acconsentirono il
fidanzamento di Rivkà con Izchak, subito si prostrò a terra
come ringraziamento ad Ashem per la riuscita nella sua
missione (vedi parashà Caiè Sarà). Da qui ci insegnano i
Chacamim: “Si ringrazia ad Ashem alla buona notizia”. Eliezer
Lunedì lo fece prostrandosi a terra, questo atto afferma tutto il proprio
annullamento nei confronti di D. . L’”IO” dell’uomo desidera
ricondurre tutti i suoi successi e benefici della vita alle proprie
forze e alle proprie azioni. Con il ringraziamento ad Ashem
però si viene a cancellare l”IO difronte alla vera e effettiva
sorgente di vita che è il Creatore.
Le berachot oltre al semplice ringraziamento ad Ashem dei
beni che ci fornisce giornalmente, ci vengono a insegnare
l’importanza di assimilare uno dei principi fondamentali della
Torà voluti dal S., cioè quello di sentirci legati e dipesi solo
dalle Sue Mani.
Così ci insegna il re David nei Salmi cap.123:”Ecco, come gli
occhi dei servi sono rivolti alla mano dei loro padroni, come gli
occhi della serva alla mano della sua signora, così i nostri occhi
sono rivolti ad Ashem, nostro D.!!
(tratto dal libro Vezot Aberachà di Rav Mandelboim)