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Ve n e rd ì8 maggio 2015

            Momenti di Musàr

        Parashat Emor
        “[Un Cohen] non deve contaminarsi con il contatto con una
        persona defunta tra il suo popolo” (Vaiqrà 21, 1).
        Una volta il capo rabbino della Francia si trovò a partecipare
        al corteo funebre di un alto esponente del governo francese di
        religione cattolica.
        Per la strada, il corteo passò vicino ad un cimitero ebraico, ed il
        rabbino, che era un Cohen, prese quindi una strada differente
        e si ricongiunse all’accompagnamento funebre solo dopo aver
        superato il cimitero in questione.
        “Per quale ragione, rabbino, si è astenuto dal passare vicino al
        cimitero ebraico?”, domandò uno dei ministri. Il capo rabbino
        gli raccontò della Qedushà dei Cohanim, spiegandogli che sus-
        siste un divieto, per loro, di rendersi impuri con il contatto o
        anche solo a causa della vicinanza con un morto.
 40 “Se è così – incalzò il ministro – allora perché lei è entrato in un
        cimitero non ebraico? Forse che noi non siamo essere umani?!”.
        Rispose lui il rabbino: “Moshé Rabbenu, il quale è stato la prin-
        cipale guida del popolo ebraico e ci ha consegnato la Torah di
        Hashem dove è scritto, appunto, che è proibito ai Cohanim ren-
        dersi impuri con un morto, disse espressamente agli ebrei che
        egli, al pari di ogni altro uomo, un giorno sarebbe morto. Di-
        versamente, voi credete che la vostra divinità (“Otò HaHish ~
        Quell’uomo”), in realtà, non sia mai morto e che, analogamen-
        te, anche i suoi fedeli non muoiano mai. Per questa ragione,
        quindi, le vostre tombe non trasmettono impurità…”.
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