Page 12 - Sivan 5779
P. 12
RACCONTO DI SHABBAT
parashaT BaMidBar
La nostra missione personale
Si racconta di un ebreo ignorante e presuntuoso il quale, ogni volta che
parlava con qualcuno, era solito pregiarsi di appartenere ad una fami-
glia ebraica di nobili origini, come documentato da un antico albero
genealogico in suo possesso.
Una volta questo ebreo si trovò a discutere con un noto studioso di To-
rah, rivolgendosi nei suoi confronti, come di consueto, con tono arro-
gante ed offensivo: “Come hai osato metterti contro di me?! Non conosci
forse la mia nobile ascendenza? Ti rendi conto che tu, al contrario di me, sei un
“figlio senza nome”?”.
Lo studioso di Torah così rispose: “Tu sei l’ultimo elemento della genealogia
dei tuoi padri, mentre io sono il primo della genealogia della mia famiglia. Da
me discenderà, con l’aiuto di Hashem, una stirpe di ebrei che continuerà, nelle
prossime generazioni, a studiare Torah ed a servire il Signore D_o Benedetto,
laddove invece, nel tuo caso, la catena generazionale è ormai giunta al termi-
ne”. Ciò è quanto impariamo dalla parashà di Bemidbar, dove è scritto
VENErDì l 7 GIUGNO 2019 - 4 SIVaN 5779
“un uomo per ogni tribù, ognuno a capo del proprio casato paterno” (Bemid-
bar 1, 4); evidentemente, Moshè Rabbenu si è preoccupato di attribuire
l’importante incarico di guida di ciascuna delle 12 tribù d’Israele ad
ebrei titolari di una altissima “genealogia personale”, dai quali sareb-
bero poi discesi uomini di altrettanto elevata statura morale. A questo
si riferisce anche il salmista – proseguì lo studioso – quando scrive: “se
ne va piangendo colui che porta il sacco del seme [inteso come “ascendenza
famigliare”, n.d.t.]” (Tehillim 126, 6), come a dire che chi piange è solo
colui che rappresenta la mera continuazione della catena generazionale
(colui che porta il “sacco del seme”) che lo ha preceduto; a differenza
di ciò, “verrà con giubilo colui che solleverà i covoni che cresceranno da esso”
(Tehillim 126, 6), e cioè chi solleva da sé i propri covoni ha ben di che
gioire ed essere lieto, in quanto un grande futuro attende lui e la discen-
denza che lo seguirà (“i covoni che cresceranno da esso”)…”.
12