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Domenica5 luglio 2015
Momenti di Musàr
La forza insita in ogni ebreo - parte I
Da dove mai gli ebrei traggono la loro sorprendente capacità di
sopportare tutti gli ostacoli che si presentano loro, senza mai desistere
né perdere le speranze? Ancora una volta, questo è ciò che ci è stato
tramandato dai nostri santi Padri, che accettarono con amore tutto
ciò che l’Onnipotente mandava loro. Difficilmente si potrà trovare un
ebreo che commette suicidio (rispetto ai goim), sebbene immensa sia
la sua angustia. Fintanto che egli riesce a mantenere certi contatti,
seppur deboli, con il proprio patrimonio ebraico, eviterà questo passo
terribile e preferirà pensare alla sua sofferenza come all’espiazione
dei suoi peccati. La ragione è che i nostri santi Padri si immersero
completamente nella vita spirituale. Si attaccarono alla fonte della
vita – a Hashèm stesso. Di conseguenza sapevano che tutto ciò che
veniva da Hashèm doveva avere una natura spirituale [e quindi essere
essenzialmente buono]. Nessun atto di Dio può in alcun caso essere
malvagio. Niente di cattivo può provenire da Dio, in quanto Egli è
il bene supremo. Anche se noi esseri umani, nella nostra miseria e
38 fragilità, pensiamo con il nostro gracile intelletto di poter scorgere
qualcosa di malvagio, è solo perché noi apprezziamo l’esteriorità,
la parte materiale di un evento (proprio come il nostro corpo è il
nostro abito, l’aspetto esteriore degli atti di Dio è l’abito degli eventi.
La loro vera essenza sta nel loro intimo scopo spirituale). Chiunque
sia stato benedetto con la preziosa capacità di intuire i contenuti
profondi delle cose, e apprezza in qualche modo la realtà spirituale,
sa con certezza che tutti gli atti di Dio sono completamente buoni.
L’unico loro contenuto è l’amore e il rispetto e l’unico scopo è il bene
delle sue creature. Il Saggio Nakhùm Gamzo (il maestro di Rabbì
‘Akivà) è famoso nel Talmùd per essere il principale esponente di
questo pensiero. La sua reazione a qualsiasi cosa gli accadesse, anche
se sembrava un disastro, era: “Anche questo è per il bene” (Ta’anìt
21a). Anche ciò che ci appare come il peggio, non è affatto qualcosa
di negativo; in realtà è qualcosa di buono, poiché il suo intento
è buono. Una persona che soffre di una malattia letale, è contenta
di doversi sottoporre a un intervento chirurgico che la può salvare,
nonostante il dolore e la sofferenza che ne possono derivare. Così
dobbiamo intendere le vie di Hashem. Ma in questo caso, il bene è
incomparabilmente maggiore – sublime, in modo inimmaginabile.
Continua domani......
(tratto dal libro La Conquista della Verità)