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12 giugno 2015

                Momenti di Musàr

Ve n e rd ìParashat Shelach Lechà
         E’ scritto nella Mishnà di Avot: “Ben Zomà disse […]: «Chi è veramente ricco?
         Colui che gioisce della propria parte»” (Pirqei Avot 4, 1).
         Il nipote del Rambam, Rabbenu David, riporta nel suo libro “Midrash Da-
         vid” la storia di un pover’uomo che si guadagnava quotidianamente, e con
         molta fatica, il sostentamento per sè e la sua famiglia. Nonostante la sua
         umile condizione, egli era però sempre gioioso di ciò che Hashem gli faceva
         procurare giorno dopo giorno, poco o tanto che fosse. Tutte le sere, dopo
         aver cenato e prima di andare a dormire, lui e la sua famiglia si riunivano e
         ringraziavano D-o Benedetto per quanto ricevuto: un figlio suonava, l’altro
         cantava e lui batteva le mani sul tamburo. Questa scena si ripeteva ogni
         sera, con armonia e felicità.
         Per alcune sere passò vicino alla casa del pover’uomo il Re, il quale, attratto
         dal suono dei canti e della musica, una volta decise di accostarsi ed entrare
         per comprendere la ragione di tutta questa gioia.
         Una volta dentro casa, il Re domandò all’uomo cosa lo spingesse a rallegrar-
         si ogni sera in questa maniera e se egli fosse o meno una persona ricca. “Mio
         Re, in realtà io sono molto povero – rispose l’uomo – Non ho soldi, ma quel
         poco che guadagno ogni giorno mi consente di sostenere la mia famiglia, e
52 ciò mi basta per essere felice. Per questo tutte le sere, insieme ai miei cari,
         canto e suono per ringraziare D-o Benedetto”.
         Il Re pensò che se quell’uomo era così grato ad Hashem per quel poco che
         aveva, a maggior ragione lo avrebbe ringraziato se si fosse arricchito. Così
         decise di donare lui oro e gioielli preziosi, mettendoli in una umile cassa
         posta in un angolo della casa dell’uomo.
         La cassa però non era stata riempita del tutto dal Re, così il pover’uomo
         decise, con i suoi famigliari, che avrebbero lavorato tutti di più rispetto al
         passato, al fine di riuscire a riempirla. Da quel momento in poi, l’uomo ed
         i suoi cari, presi dagli impegni lavorativi e nella costante ricerca di accu-
         mulare altra ricchezza, tornando stanchi dal lavoro e preoccupati per non
         essere ancora riusciti a riempire la cassa, smisero di rallegrarsi la sera come
         facevano in precedenza.
         Dopo un po’ di tempo il Re passò di nuovo nei pressi della casa dell’uomo, e
         si accorse che egli e la sua famiglia, al contrario di quanto avveniva in passa-
         to, non si rallegravano più la sera. Così il Re decise di chiedere spiegazioni
         all’uomo per questo cambio di abitudini.
         “Mio Re – disse l’uomo – quando vivevo in stato di povertà, ero felice perché
         non desideravo avere altro denaro rispetto a quello che mi necessitava per
         vivere. Ora invece che ho accumulato molta ricchezza, sono costantemente
         afflitto e preoccupato, e passo la vita ad inseguire altro denaro per riempire
         fino all’orlo la mia cassa. La cassa però, purtroppo, non si riempie mai…”. Il
         Re, di fronte a queste parole, decide pertanto di togliere all’uomo la ricchez-
         za che gli aveva donato in precedenza, ciò che restituì lui la felicità ormai
         perduta...
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