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Giovedì19 marzo 2015

            Momenti di Musàr

          La missione
          Ciascuno di noi viene al mondo per il determinato scopo di compiere
          una missione. La longevità dipende dal compito che dobbiamo eseguire.
          La morte di qualcuno, persino se avvenuta in una tragedia o incidente,
          è sempre il risultato di una decisione personale di Hashèm. C’è chi vive
          per venti anni e chi per cento, ma tutti quanti lasciamo prima o poi
          questo mondo nel preciso momento che Hashèm lo abbia deciso. Un
          sorprendente insieme di considerazioni Divine influenza le circostanze
          della vita e della longevità di una persona: le azioni di una persona, le
          sue vite precedenti, i suoi editti pubblici e altri criteri che sfuggono alla
          nostra comprensione. Alcune anime vengono al mondo per un tikkùn
          corto e specifico, dopo il quale ritornano nei mondi superiori. Queste
          anime in genere sono persone notevolmente speciali, con poca o nessuna
          inclinazione, gentili, generose e piacevoli. Perciò, non ti sorprendere
          quando senti di persone giovani e meritevoli che muoiono all’improvviso;
          essi hanno semplicemente completato il loro tikkùn, la correzione della
          loro anima e della loro missione sulla Terra.
          Rabbì Isacco Luria Ashkenazi, il celebre “Arizàl”, padre della Kabbalà che
          visse a Safed nel 17° secolo e.v., insegna che il motivo per cui incontriamo
          una resistenza così forte per ciò che riguarda la nostra missione sulla Terra
 62 è perché lo Yètzer Harà’, l’istinto cattivo, non vuole che noi completiamo
          la nostra missione con successo. Più noi siamo ostacolati dallo Yètzer
          Harà’, più è grande la missione che dobbiamo realizzare in questo mondo.
          Si racconta che l’Arizàl fu il sandàk a una milà. Subito dopo la
          circoncisione, il neonato morì. Nel mentre che gli amici e parenti del
          bambino gemevano come animali feriti, l’Arizàl disse: “Perché piangete?
          Tu hai avuto il merito di ospitare l’anima del nostro Maestro, Rabbì Yosèf
          Karo (un contemporaneo dell’Arizàl e autore dello Shulchàn ‘Arùkh, il
          maggiore codice di leggi ebraiche)!”
          Grazie al suo spirito superiore, l’Arizàl aveva visto che Rabbì Yosèf Karo
          era morto ed era giunto alle porte del Paradiso. Rabbì Yosèf aveva messo in
          pratica ogni singolo precetto di Hashèm con una precisione pragmatica,
          tranne che uno: la circoncisione. Al momento della sua nascita, a causa
          di itterizia dovette essere circonciso più tardi dell’età prescritta di otto
          giorni. Il suo intero tikkùn consisteva nel ritornare sulla Terra ed essere
          circonciso nell’ottavo giorno di vita; dopo di ciò non aveva più nessuna
          ragione ulteriore di rimanere sulla Terra.
          L’Arizàl conosceva ogni anima, la sua provenienza e la sua missione sulla
          Terra. La sua testimonianza mostra come la nostra ignoranza riguardo
          a un dettaglio così piccolo ma di fondamentale importanza ci faccia
          sembrare la bontà di Hashèm come crudeltà, D-o non voglia. Proprio
          come un gigantesco puzzle, in cui se manca un pezzo, la figura intera
          appare difettosa. L’emunà, il nostro credo e la nostra fiducia irremovibile
          in Hashèm, riempie i pezzi mancanti che sono talvolta determinati dalla
          nostra visione limitata.
           (tratto dal libro Gan Emunà di R. Arush)
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