Page 58 - momentiShevat75
P. 58
Martedì17 marzo 2015
Momenti di Musàr
Racconto sugli Tzaddikim
La signora Rivkà, madre dello Tzaddik Rabbi Chaijm di Volozhin,
era una donna molto saggia, che, grazie alla sua profonda
conoscenza delle Scritture e della Mishnà, spesso e volentieri
stupiva anche gli studiosi dell’epoca. Lei, analogamente a Bruria
(moglie di Rabbi Meir), era solita intrattenersi nei discorsi di
Torah che i grandi maestri della generazione facevano quando si
trovavano a casa di suo figlio. Una volta un noto rabbino, che si
trovava presso Rabbi Chaijm di Volozhin nella settimana in cui
si leggeva la parashà di Vayaqel, pose allo Tzaddik la seguente
domanda: “Nella parashà in cui è narrata la costruzione del
Mishkan – Santuario nel deserto, che leggeremo se D-o vuole
durante il prossimo Shabbat, è scritto: “Tutte le donne dotate di
mente ingegnosa tesserono con le proprie mani e portarono ciò
cheavevanotessuto” (Shemot 35, 25). Tuttavia, secondo l’Halachà,
“I frutti del lavoro della donna, appartengono al marito”: com’è
58 possibile, pertanto, che le donne d’Israele abbiano donato i frutti
del proprio lavoro per la costruzione del Mishkan senza prima
chiedere il permesso ai rispettivi mariti?”. Mentre Rabbi Chaijm
stava ancora pensando alla maniera in cui rispondere all’arguta
domanda del rabbino, dalla stanza accanto si sentì la voce della
madre Rivkà: “Secondo me, questa non è affatto una domanda.
Com’è noto, i nostri Maestri hanno insegnato, nel trattato
di Qetubot, che gli alimenti vengono garantiti alla moglie in
cambio del frutto del lavoro delle sue mani. Da qui si impara,
quindi, che il marito acquista ogni diritto sul frutto delle opere
della moglie in virtù del fatto che la sostiene e le fornisce tutto ciò
di cui necessita. Tuttavia, come sappiamo, nei 40 anni durante i
quali il popolo d’Israele ha vagato nel deserto, il sostentamento
alle mogli non era fornito dai propri mariti, bensì direttamente
da HaKadosh Baruch Hu che, quotidianamente, faceva scendere
la manna dal cielo. Ciò significa che, durante quel periodo, il
frutto del lavoro delle donne apparteneva solo ad esse, e non ai
loro mariti, e proprio per questa ragione le stesse hanno potuto
donare i propri tessuti per la costruzione del Mishkan senza
dover prima chiedere il permesso ai rispettivi consorti…”.