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1 marzo 2015

              Momenti di Musàr

          La scintilla ebraica che si rivela a purim

          Chiesero i discepoli al loro Maestro Rabbi Shimon Bar Yochai: “Perchè

          (agli ebrei del) la generazione di Mordechai fu decretato lo sterminio

          (come scritto nella meghillà): di “eliminare, uccidere e cancellare (tutti

          gli ebrei)”? Disse loro: “ditelo voi!” Risposero: “Perché godettero del

          banchetto di Achashverosh!” Allora il Maestro disse: “In tal caso il decreto

          (di sterminio) avrebbe dovuto implicare soltanto gli ebrei di Shushan e

          non tutti gli ebrei del mondo.” E loro: “Insegnaci quindi qual é il motivo!?”

          e il Rabbi: “Perché si inchinarono alla statua di avodà zsarà ai tempi di

          Nevucadnezar (Nabuccodonosor)”. Chiesero così gli allievi: “Per quale

          merito si scamparono (dallo sterminio)?” E il Rav:” Perché si prostrarono

          per paura (e non per venerazione)” (Massechet Meghillà).

          Abbiamo studiato da questo tratto del Talmud due punti importanti.

          Uno, che ogni azione dell’uomo viene ponderata in Cielo secondo

          l’intenzione interiore che aveva, se buona o cattiva chas veshalom,

          proprio come accadde ai tempi di Nevucadnezar quando gli ebrei si

          inchinarono solamente per paura di essere uccisi, non credendo affatto

          nell’avodà zsarà, e per questo si salvarono. Il secondo punto che si può

          imparare da questo racconto, è che per qualsiasi mizwà o averà compiuta,

26        automaticamente viene serbato alla persona il premio o la punizione,
          anche se in quel momento non si vedono gli effetti dell’azione, e questo

          può avvenire persino dopo decine di anni, proprio come accadde all’epoca

Domenica  di Mordechai ed Ester.

          Una delle mizwot di Purim è di ubriacarsi fino al punto da “Non distinguere

          tra Benedetto Mordechai e Maledetto Aman”. Questa inconsueta mizwà la

          si può spiegare considerando il passo del Talmud su riportato. È risaputo

          infatti, che nel bere il vino emerge l’interiorità della persona rivelando

          le vere aspirazioni e indoli nascoste dentro. Così infatti scrivono i nostri

          Maestri: “L’uomo si identifica con (in ebraico) “Chissò - tasche, Cossò -

          bicchiere e Caassò - rabbia” ossia nelle “tasche” (quando gli si toccano

          i suoi soldi), “bicchiere” (quando si ubriaca) e “rabbia” (nei momenti

          di collera). Pertanto nel santo giorno di Purim noi vogliamo rivelare

          ad Hashem Itbarach la nostra interiorità, il nostro vero attaccamento a

          Lui, proprio come si rivelò la vera intenzione degli ebrei nell’inchinarsi

          all’idolo ai tempi di Nevucadnezar, che lo fecero solo per paura, ma

          intimamente rinnegavano del tutto l’avodà zsarà e al contrario credevano

          in Hakadosh Baruch Hu. Quindi in questa giornata che ci rallegriamo, ci

          ubriachiamo durante il mishtè – il banchetto di mizwà, smascheriamo

          il nostro desiderio di attaccarci alle Sue Mizwot, anche se molte volte ci

          capita di “inchinarci” al nostro istinto malvagio!

          Che Hashem ci dia il merito della redenzione completa, proprio come

          ai tempi di Mordechai ed Ester, quando fummo redenti da tutti i brutti

          decreti! E che il S. ci faccia avvicinare i giorni in cui il regno di Hashem

          sarà su tutto il mondo! Amen!

          (Sichà di Rav Yakov Exter)
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