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28 febbraio 2015
Momenti di Musàr
Sabato Parashat Tetzavvè
“E la quarta fila con Tarshis ̴ Crisolito, Shoham ̴ Onice e Jashefè
̴ Diaspro, queste pietre saranno incassate nell’oro, nei loro
castoni” (Shemot 28, 20).
E’ scritto nella Torah che tra le dodici pietre che dovevano
essere incastonate nell’Efod ̴ Pettorale del Cohen Gadol vi
era anche il Jashefè ̴ Diaspro, il quale, come insegnato dai
nostri Maestri, è associato alla tribù di Binyamin: secondo
quanto fa notare il commentatore della Torah Ba’al HaTurim,
infatti, il valore numero della parola ebraica “Jashefè ̴ Diaspro”
è ghematricamente pari a quello delle parole “Binyamin figlio
di Ya’acov”.
Nel Talmud Yerushalmi è raccontata una storia circa la pietra
in questione da cui è possibile trarre importanti insegnamenti
24 sulla mitzvà dell’onorare i propri genitori. Nel trattato di Peà si
narra di un non ebreo di nome Dema figlio di Natina al quale
si rivolsero gli ebrei per acquistare la pietra Jashefè ̴ Diaspro
necessaria per l’Efod ̴ Pettorale. Egli però, dal momento che la
pietra si trovava in uno scrigno posto sotto al letto sul quale
il proprio genitore stava dormendo, si rifiutò di venderla per
evitare di doversvegliare suo padre, rinunciando così all’ingente
guadagno che si sarebbe invece assicurato cedendo la pietra
agli ebrei. Dema figlio di Natina viene portato nel Talmud
come esempio e modello delle modalità con cui adempiere alla
importante mitzvà dell’onorare i propri genitori.
Poiché Binyamin non prese parte alla decisione dei suoi fratelli
di vendere il giovane Yosef ai mercanti midianiti, evitando
– al contrario di loro – di procurare sofferenza a Ya’acov, egli
rispetto così in maniera completa la mitzvà di onorare il
proprio padre, e per questo venne associato nella Torah ad una
pietra, il Jashefè ̴ Diaspro, che come detto simboleggia tale
importante mitzvà.