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MOMENTI DI HALAKHà


        TefiLLa’
        Il Rosh , nel libro Orchòt Chaìm scrive: «Quando giunge il momento di
        una delle tre preghiere del giorno si deve interrompere ogni proprio impegno
        e andare a pregare». I nostri Maestri ci suggeriscono di lasciare da parte
        tutti i nostri impegni per pregare con animo sereno. Un esempio che ap-
        partiene alla tradizione ci chiarisce quale atteggiamento tenere: quando
        ci si appresta ad incontrare un re bisogna riordinare le proprie idee e
        preparare in modo opportuno le parole da pronunciare per essere pron-
        ti all’importante e fortunato incontro. La preghiera non è altro che il
        momento in cui ci si trova alla presenza del re del mondo! Se riusciremo
        ad avvertire con profonda consapevolezza che nel momento della pre-
        ghiera siamo davanti all’Eterno ci sarà più facile concentrarci adeguata-
        mente e pronunciare chiaramente e con attenzione tutte le parole.
        La giornata di un ebreo è scandita dalle mitzvòt, dalla recitazione del
        mode ani al risveglio fino allo Shemà che diciamo prima di coricarci.
        Osservando i precetti ed astenendoci dalle azioni che la Torà ha proibito
        non facciamo altro che attenerci al volere del Signore portando a ter-
        mine il compito che ci ha assegnato come programma di vita. Ciascun
        ebreo dovrebbe sforzarsi di raggiungere risultati spirituali sempre più
        elevati studiando la Torà e rispettando le mitzvòt. Quelle che compia-
        mo quotidianamente assieme alle preghiere rendono la nostra fede più
        profonda instillando in noi la consapevolezza di trovarci in ogni istante
        di fronte al Signore. Il verso (Sai. 16, 5): “Ho posto la presenza dell’Eterno
        continuamente davanti a me” esprime il più alto livello spirituale al quale
        si deve aspirare, in cui si avverte che il Signore ci accompagna in ogni
        istante e provvede ininterrottamente ad ogni nostra necessità.
        La consapevolezza di essere costantemente sotto la divina supervisio-
        ne è per tutti un incentivo a compiere sempre nuovi progressi. Se si
        acquisirà la continua tensione verso il miglioramento di sé si potrà in-
        fluenzare anche l’ambiente circostante e in questo modo la scrupolosa
        osservanza delle procedure e la recitazione delle preghiere cesseranno
        di essere sterili rituali. Essi si riveleranno invece strumenti di progresso
        personale e sociale.

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