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15 giugno 2015

                Momenti di Musàr

        La Prudenza (Zehirut) – Secondo capitolo Mesillat Ye-

        sharim di Rabbi Chaim Luzzato

        Il concetto di prudenza significa che l’uomo deve prestare attenzio-

        ne ai propri atti e a tutto ciò che lo riguarda; cioè, deve osservare

        e verificare le proprie azioni e le proprie scelte: sono esse buone

        oppure no? Questo, per evitare di esporre la propria anima al peri-

        colo di estinzione, che D-o ce ne guardi. E non bisogna agire sotto

        l’impulso delle abitudini, come un cieco nell’oscurità. E la ragione

        certamente impone questa attitudine. Poiché, dato che l’uomo è

        in possesso di conoscenza e di capacità intellettuali tali da poter-

        si salvare ed evitare la perdita della propria anima, come potrebbe

        scegliere di ignorare la propria salvezza? Non esiste di certo peg-

        giore abiezione e follia! E colui che si comporta in questo modo

        vale meno delle bestie e degli animali, i quali per natura cercano

        la propria sopravvivenza, e perciò scappano per evitare tutto ciò

        che considerano una minaccia per la loro incolumità. E colui che

58      conduce la propria esistenza senza verificare se il proprio compor-
        tamento sia buono o cattivo è come un cieco che cammina sugli

        argini di un fiume: certamente si trova in grandissimo pericolo e ha

        più probabilità di soccombere che di salvarsi. Poiché infatti la man-

        canza di attenzione è la stessa, che sia dovuta a motivi naturali o a

        una cecità volontaria, cioè quando si chiudono gli occhi per scelta

Lunedì  e per volontà.

        E infatti il profeta Geremia si lamentava della malvagità dei suoi

        contemporanei, affetti da questo difetto, poiché distoglievano il

        loro sguardo dalle proprie azioni, senza analizzarle per decidere se

        queste meritassero di essere compiute o meno. E di loro disse (8, 6):

        “Nessuno si rammarica per la propria malvagità, [...] tutti continua-

        no a correre come un cavallo che si lancia in battaglia”. Ciò signifi-

        ca che rincorrevano di continuo le proprie abitudini e le consuete

        usanze, senza dedicare tempo a valutare i propri atti e il proprio

        comportamento e incorrevano così nel male senza prevederlo.

        E infatti questo è proprio uno dei trucchi e una delle astuzie del-

        lo “Yetzer Harà”, l’istinto malvagio: aggravare continuamente la

        pressione sullo spirito degli esseri umani finché non rimane loro

        nemmeno un attimo per riflettere e pensare alla strada che stanno

        percorrendo. Continua accanto
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