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26 marzo 2015

               Momenti di Musàr

         Quando arriva Pesach immediatamente ci vengono in mente i numerosi

         miracoli avvenuti durante l’uscita dall’Egitto, veramente questo è anche lo

         scopo della festa e della sera del seder. Attraverso il racconto dei miracoli

         e la lode verso Colui che ci ha fatto questi miracoli si arriva alla fede,

         ma la regola dice che prima di raccontare i miracoli bisogna descrivere

         la schiavitù (per questo il racconto della aggada comincia con “mitehila

         aiu avotenu…” “all’inizio i nostri padri erano idolatri…”), bisogna capire

         per quale motivo proprio la sera del Seder, giorno in cui ogni ebreo deve

         sentirsi come un re vi è l’obbligo di ricordare i momenti più tristi. Il

         motivo più ovvio è che per poter capire quale immenso favore ci ha fatto

         il S. quando ci ha fatto uscire dall’Egitto e ci ha fatto passare dallo stato

         di schiavi del Faraone a quello di popolo eletto bisogna prima ricordare

         quale era la nostra situazione quando eravamo sotto il giogo degli

         egiziani. Ma è possibile dare un’altra spiegazione forze più profonda: i

         maestri di Kabalà ci insegnano che non per caso i nostri padri sono stati

         mandati dalla Provvidenza in Egitto ma avevano uno scopo ben preciso,

         quello di riportare alla santità le anime che ha creato Adamo nel periodo

         in cui era diviso dalla moglie*, e se non avessero riportato questa anime

14       alla Kedushà (santità) l’impurità nel mondo sarebbe stata così forte
         che non avrebbe permesso agli ebrei di compiere nessuna mizva. Viene

         fuori che gli anni di schiavitù non sono stati vani ma hanno permesso

         l’esistenza del popolo ebraico in tutte le generazioni. E così è detto che

         l’appesantimento della schiavitù prima della liberazione (vedi alla fine

Giovedì  della parasha di Shemot) ha dato la possibilità al S. di accorciare l’esilio

         e di far uscire gli ebrei dall’Egitto dopo duecento dieci anni e non dopo

         quattrocento, come detto ad Abramo. Al contrario se gli ebrei fossero

         rimasti tutti e quattrocento anni in Egitto non vi sarebbe stato più

         bisogno degli altri esili e sarebbe venuta la redenzione finale, solo che il

         S. ha visto che non potevamo più soffrire la schiavitù ed è stato costretto a

         farci uscire prima del tempo. Da qua vediamo che non sempre ciò che ha

         noi sembra male lo è e così non sempre ciò che apparentemente è bene lo

         è in senso assoluto. Una sola certezza abbiamo che è tutto guidato dal S.

         per portarci allo scopo finale, quello di proclamare l’unicità di D-o e del

         popolo ebraico a tutto il mondo. Questa credenza ci ha dato la forza di

         sopportare gli anni di esilio ed è ciò che dobbiamo insegnare ai nostri figli

         prima ancora di iniziare il racconto vero è proprio dell’uscita dall’Egitto.

         Pesah kascer a tutti quanti.

         *Nota: Secondo il midrash dopo aver mangiato dall’albero della sapienza
         Adamo, in forma di penitenza, è rimasto diviso dalla mogli cento trenta anni. In
         questi anni dalle polluzioni che ha visto sono state create anime molto elevate
         che sono però andate dalla parte dell’impurità, e poi restituite alla santità dagli
         ebrei durante la schiavitù in Egitto.
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