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28 novembre 2015

           Momenti di Musàr

        Parashat Vaishlach

        “E Ya’acov rimase da solo” (Bereshit 32, 25).

        Spiega Rashì in loco che Ya’acov aveva dimenticato delle piccole anfore

        dall’altra parte del fiume Yabboq, e che, pertanto, era tornato indietro

        a prenderle, rimanendo lì da solo. Da questo episodio, secondo quanto

        insegnato da Rabbi Eliezer, impariamo inoltre che gli Tzaddiqim

        tengono a cuore i propri beni più del loro stesso corpo: ciò, secondo i

        nostri Maestri, poiché gli Tzaddiqim stanno molto attenti ad evitare di

        inciampare nel peccato della sottrazione indebita di oggetti di proprietà

        altrui (TB Chullin 91a).

        Apparentemente, fa notare il Ben Yish Chaij, il fatto che gli Tzaddiqim

        prestino attenzione a non sottrarre nulla al proprio prossimo sembra

        essere una cosa abbastanza scontata. In verità, però, i nostri Maestri

        intendono insegnare che gli Tzaddiqim evitano di sottrarre anche quegli

        oggetti altrui che – al pari delle “piccole anfore” di Ya’acov – vengono

        generalmente considerati prive di qualsivoglia valore, tanto che neanche il

        loro proprietario ci pone più di tanto attenzione. Questo avviene perché,

        per gli Tzaddiqim, anche questo tipo di condotta viene considerata alla

34      stregua di una “rapina”.
        Per tale ragione, Ya’acov ha quindi messo in pericolo sé stesso tornando

        dall’altra parte del fiume Yabboq a recuperare delle piccole ampolle,

        e ciò affinché i propri figli imparassero, da questo gesto, quanto a lui

        fossero cari i propri beni, seppur di modesto valore. Così facendo egli ha

        quindi mostrato ai suoi figli quanto importante sia l’allontanamento dal

Sabato  peccato della sottrazione di beni altrui, in modo da evitare che i piccoli

        sottovalutassero tale infrazione giustificandosi con il fatto che, trattandosi

        di beni di modesto valore, anche i rispettivi proprietari sicuramente non

        vi ripongono alcuna considerazione.

        Così facendo, i figli di Ya’acov hanno infatti potuto comprendere che se un

        uomo ricco come il proprio genitore è, ciò nonostante, molto attento ai

        propri beni anche di poco valore (i quali, se rapportati al suo patrimonio,

        potrebbero considerarsi del tutto privi di importanza), a maggior ragione

        altre persone porranno attenzione ai loro beni, cosicché, in ogni caso,

        arriveranno a rispettare pienamente l’altrui proprietà senza fornirsi

        giustificazione alcuna.

        A ciò si aggiunga inoltre che, come insegnato dall’Ari Zal HaQadosh,

        gli Tzaddiqim comprendono bene che il benessere deriva da Hashem,

        e che, di conseguenza, non è opportuno “disprezzare” (mancando di

        considerazione) anche il più modesto bene materiale che il Sig-re ha

        concesso loro: al contrario, maggiore è l’attenzione che un uomo ripone

        nei confronti dei propri possedimenti e più grande è l’onere che egli

        tributa a D-o Benedetto che tali beni gli ha concesso.
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