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“Quale grande merito hai avuto affinché tuo padre venisse da te
intimandoti di fare teshuvà?”, domandò il Chazon Ish. “Non molti,
purtroppo – rispose l’ebreo –. Ricordo però che una volta, quanto i
tedeschi entrarono nel nostro paese, avevamo tutti molta paura di
uscire allo scoperto, in quanto si rischiava la morte in caso di cattura.
Nel villaggio vicino viveva mia sorella, alla quale era da poco morto il
figlio. In quel posto non c’era un cimitero ebraico, ma mio padre voleva
a tutti costi dare al nipote una sepoltura ebraica. Così, nonostante
il pericolo, mi chiese di andare di notte al villaggio per recuperare il
corpicino di quel bambino e portarlo al vicino cimitero ebraico, mentre
mio padre scavava la fossa per il piccolo. Così, terrorizzato dall’idea
di ciò che sarebbe accaduto se mi avessero catturato, andai di notte a
recuperare il corpo del mio cuginetto, facendomi forza con il pensiero
che stavo compiendo sia la mitzvà di donare una sepoltura ebraica
al bambino che quella di rispettare il comandamento di mio padre.
Giunto al cimitero, finalmente, riuscimmo a seppellire quel povero
bambino”.
“Ora è tutto chiaro – disse il Chazon Ish – Quel bambino che era con
tuo padre nel sogno ed a causa tua è il tuo cuginetto, che, molti anni
fa, hai contribuito a seppellire. E grazie a questa grandissima mitzvà
hai meritato che tuo padre venisse ad avvisarti di fare teshuvà!!”.