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25 giugno 2015

                Momenti di Musàr

         Un vero racconto – Il santo Shabbat

         Digiuno nel campo di sterminio di Berghen Belsen! Fu la prima volta

         che ricevemmo un punizione collettiva. Oggi non c’è cibo per nessuno

         ne per gli anziani ne per i bambini. Il motivo: i tedeschi hanno

         sorpreso uno che bruciava un materasso (“per la cronaca” era pieno

         di pidocchi) Dissero che era una colpa imperdonabile, quindi spettava

         una punizione a tutto il campo.

         Mia madre per dare un po’ di cibo a mia sorella piccola, cucinò

         con grande fatica un po’ di frumento senza latte, racimolò a stento

         qualche pezzo di paglia, ma all’ultimo momento due ebrei addetti alla

         sorveglianza del campo la scoprirono e la incriminarono portandola al

         tribunale dell’accampamento.

         Oltre alle punizioni che davano i tedeschi, i sorveglianti ebrei erano

         obbligati anch’essi a giudicare e a punire i trasgressori....i nazisti

         amavano vedere come gli ebrei punivano i loro fratelli. Per il caso fu

         allestito un processo apposta per mia madre. L’udienza fu programmata

         per venerdì sera, Shabat Nachamù (lo Shabbat che segue TishàBeAv)

18       nell’anno 5704 . In genere questo tipo di processi duravano molto,
         perché includevano le accuse dei guardiani ebrei, le testimonianze, la

         difesa dell’imputato e la deliberazione del tribunale. I preposti al caso

         erano tutti ebrei, i giudici i testimoni ecc..A differenza degli altri casi,

         quello di mia madre durò insolitamente poco, la sentenza fu: “senza

Giovedì  pane per due giorni”. Mia madre rinunciò a difendersi dalle accuse e

         non si giustificò nemmeno, dicendo di aver solamente preparato del

         cibo ad una bimba di 4 anni.

         Nel campo di Berghen Belsen non c’era la separazione netta tra

         gli uomini e le donne, e durante il giorno avevamo la possibilità di

         incontrarci. La sera del processo l’aspettammo ansiosi per conoscere

         la sentenza. Quando arrivò ci raccontò tutto. Le chiesi però perché

         il processo fosse durato così poco, e soprattutto, perché non avesse

         replicato alle accuse, in realtà si sarebbe potuta risparmiare i due giorni

         senza cibo se solo avesse dichiarato di aver preparato semplicemente

         del frumento ad una piccola di 4 anni. In quel istante non mi rispose,

         vidi che era molto commossa. Ciononostante osai chiedere ancora e

         mamma mi rispose: “Al processo non erano presenti solamente giudici

         e avvocati, ma lì sedeva un ebreo che scriveva il protocollo del processo,

         ed ogni parola che avessi aggiunto, quell’ebreo avrebbe scritto....e di

         venerdì sera!!”. Per questo sono rimasta in silenzio. È preferibile avere

         un po’ più di fame piuttosto che un ebreo scriva di Shabbat!”

         (tratto dal libro Umatok Aor Echà)
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