Page 5 - momentiNissan75
P. 5
21 marzo 2015
Momenti di Musàr
Parashat Vaiqrà
“Hashem chiamò Moshé” (Vaiqrà 1, 1).
La parola “( ”ויקראvaiqrà – chiamò) con cui si apre la parashà
di questa settimana è scritta con la lettera “( ”אalef) più piccola
delle altre. Ciò, secondo i nostri Maestri, ci viene ad insegnare
che lo studio della Torah si mantiene solo in coloro che
“rimpiccioliscono” sé stessi (come la lettera alef in questione)
e si comportano con umiltà nei confronti di Hashem e del
proprio prossimo.
Com’è scritto nel midrash, infatti, Moshé Rabbenu meritò
di essere chiamato da HaQadosh Baruch Hu nell’Ohel Moed
~Tenda della Radunanza proprio grazie al fatto che egli era
umile e fuggiva dall’onore, come avvenne quando, rifiutando
inizialmente l’incarico di salvare gli ebrei che Hashem voleva
affidargli, disse “Io non sono un uomo che sa parlare” (Shemot
4 4, 10).
Rabbi Bunam di Pschischa zz”l diceva, in relazione alla “alef
piccola” con cui si apre la parashà, che Moshè Rabbenu non
si inorgoglì mai dell’altissimo livello spirituale che aveva
raggiunto, rimanendo sempre e comunque una persona
Sabato estremamente umile. Ciò, fa notare lo Tzaddiq, al pari di un
uomo semplice che si trova in cima ad un palazzo molto alto:
egli, chiaramente, non riterrà mai di potersi insuperbire in
virtù della sua altezza, visto che se egli si trova così in alto è
dovuto solo alla struttura dell’edificio su cui si trova e non certo
alle proprie qualità fisiche. Così accadde per Moshé Rabbenu,
il quale, pur consapevole della propria elevazione spirituale,
non ritenne mai che il merito dell’altissimo livello in cui si
trovava fosse da attribuire a sé stesso ed alle proprie capacità
fisiche, attribuendo invece la sua situazione ad un dono che
Hashem gli aveva concesso. Per questa ragione, egli non
entrò mai nell’Ohel Moed senza essere prima espressamente
chiamato da HaQadosh Baruch Hu.